Karpüseeler

Biografia

Karpüseeler

«Artista… essere artista è per me un atteggiamento indotto dal desiderio di conoscenza, di ricerca e di scoperta. L’arte è una verifica costante dell’equilibrio tra risultato e sensibilità. È un territorio spirituale, come la poesia, ed un input cognitivo.»

(Karpüseeler, conversazione con G. Bertolino, 1997)

Karpüseeler nasce a Perugia nel 1955.

Frequenta l’Accademia di Belle Arti “Pietro Vannucci” di Perugia nel momento di massima rilevanza artistica; tra i docenti vi erano Nuvolo (Giorgio Ascani) – cattedra di pittura e direttore dell’Accademia –, Eliseo Mattiacci – cattedra di scultura –, Bruno Corà – docente di storia dell’arte. Negli stessi anni ha la possibilità di conoscere artisti e critici di spicco, i quali intervengono in Accademia per incontri e seminari come Carla Accardi, Marco Bagnoli, Enrico Castellani, Luciano Fabro, Sol LeWitt, Jannis Kounellis, Edgardo Mannucci, Mario e Marisa Merz, Michelangelo Pistoletto, Giulio Paolini, Emilio Villa, et al.
Kapüseeler si diploma con Nuvolo nel 1982 con la tesi “Arte e Cibernetica”, tema preminente delle sue prime realizzazioni artistiche.

«Nei primi anni Ottanta già tra le aule dell’accademia perugina Karpüseeler direziona il proprio interesse verso gli aspetti relazionali tra arte e scienza, pensiero razionale, filosofia e tecnica; la concezione dell’opera e i materiali usati appaiono da subito come elementi che sostengono con forza una puntuale e tesa definizione dell’immagine ricercata. Le prime incerte esperienze realizzate con le bande del telex e l’interesse per i linguaggi informatici lo rendono un pioniere in quegli anni isolato: il suo interesse non è, come per altri artisti suoi contemporanei, il risultato formale, piuttosto sono gli arricchimenti intellettuali della logica che la novità tecnica possiede e può portare nel campo dell’arte. Nei suoi interventi verbali effettuati durante gli incontri con gli artisti, dell’area poverista e non solo, venuti in visita in accademia appare chiaro, nell’uso di specifici termini e domande su particolari aspetti del loro lavoro, la volontà di un confronto diretto indirizzato a percepire l’altrui conformazione e messa in opera del pensiero piuttosto che le caratteristiche soggettive della singola opera o la lettura storico-antropologica degli eventi creativi. Nella sua fase formativa è evidente la volontà di giungere ad un proprio chiarimento per la costituzione di un personale ‘meccanismo’ di pensiero, di una sorta di architettura logico-formale, nella quale ogni elemento, in rapporto con il tutto, conduca all’opera.
La storia personale, gli interessi per letture di confine tra logica e creazione, la frequenza precedente di scuole non artistiche, l’essere approdato all’arte con un bagaglio culturale non conforme, il possedere un’età più matura dei suoi colleghi, sono elementi eterogenei sui quali si innestano i presupposti per la sua ‘anomala’ ricerca. La frequentazione del maestro Nuvolo in questa fase appare determinante in quanto nell’opera dell’artista tifernate sono elaborati, in maniera matura ed abile, alcuni aspetti, come la logica matematica e geometrica, la ripetitività del linguaggio ‘meccanico’, la precisione della tecnica esecutiva e anche il controllo da parte dell’estro della casualità, che Karpüseeler fa propri con modalità autonome. Importanti sono parimenti i suoi interessi per personalità di area concettuale e poverista allargata come Duchamp, Castellani, Paolini, Boetti, Pistoletto, Fabro, Patella e Bagnoli; egli è interessato al loro ‘modus operandi’ e alla comune tendenza a privilegiare la persistenza del pensiero rispetto alla forma, comunque ineccepibile e tendente alla perfezione, e la compresenza nelle loro opere di aspetti simbolici, tautologici, ironici e anche intellettualmente ludici.»

(Aldo Iori, S.C.R.I.T.T.U.R.A. per K., 2005)

Alla prima personale “Il computer dalle uova d’oro” (Perugia, 1980) espone le primissime composizioni che avvalorano le tesi ipotizzate nel suo trattato accademico.
I Quadri logici sono il tentativo di rapprensentare graficamente gli enunciati di natura logico-visiva dell’arte concettuale. Lo stesso tipo di indagine caratterizza anche la produzione scultorea realizzata, di volta in volta, con elementi diversi: ferro, legno, acciaio inox, plastiche, vetrorestina.

«[…] Una delle chiavi interpretative dei Quadri logici, di cui qui si parla, è appunto questa: la volontà di rappresentare il pensiero, come indagine e
prosecuzione della passata stagione ‘concettuale’, attraverso il suo referente più prossimo, il ‘logos’ artificiale, inteso come linguaggio del pensiero, prodotto di quella cibernetica di cui si diceva prima. La disposizione del ‘pensiero’ sulla superficie genera la struttura che si può osservare nelle immagini qui riprodotte. Non a caso ho più volte, in passato, attribuito a questa operazione la cifra che fu propria, anche se in altre forme, del ‘cubismo’ a tal punto da poterla definire ‘cubismo del pensiero’ […]»

(Karpüseeler, A proposito dei Quadri Logici, 1983-1986)

Karpüseeler alla mostra Dado-Kunst (Perugia, 1982)

Dal 1986 al 1992, collabora alla nascita di “Opera. Associazione Culturale per le Arti Visive”, fondata da docenti e studenti dell’Accademia con l’intento di promuovere l’arte contemporanea nel centro di Perugia. Dopo il restauro della vetrata trecentesca di Giovanni Bonino nell’ottobre 1986, l’Associazione cura numerose mostre in Italia, tra cui le personali di Eliseo Mattiacci (Perugia, 1986 – Trieste, 1987), Vettor Pisani (Perugia, 1988), Bizhan Bassiri (Perugia 1988), Michelangelo Pistoletto (Perugia, 1989), Pierpaolo Calzolari (Perugia, 1989), Nuvolo (Trieste, 1989), Jannis Kounellis (Perugia, 1990).

«[…] Opera è stata ed è innanzi tutto quindi l’affermazione di un principio di dignità intellettuale, di realizzazione delle aspirazioni a favorire e produrre arte ove si vive e si studia anziché subire la frustrazione di dover fare riferimento sempre altrove per ritrovarsi di fronte alla qualità: una doppia esigenza di nutrimento all’esperienza e di desiderio di conoscenza, quali moventi all’azione che ha trovato ulteriori ragioni e terreno fertile nella obiettiva, precaria offerta di eventi d’arte contemporanea nel cosiddetto ‘territorio’. Ma Opera, pur rivendicando la sua esistenza a Perugia, in Umbria, in Italia, ha avuto sin dall’inizio l’ambizione di respirare all’aperto e in piena libertà e autonomia […]»

(Bruno Corà, Opera 1986-1992, 1992)

Alla fine degli anni ‘80 la ricerca artistica di Karpüseeler muta tralasciando l’uso di materiali e immagini tratte dal reale a privilegio dell’aspetto estetico, momento conclusivo di una lunga eleborazione della sua idea di scultura. In questi anni compone opere come Ugola d’oro e Voce nelle quali l’estrema raffinatezza del pensiero trova riscontro nell’esecuzione della forma e nella preziosità dei materiali. È in questo periodo che Karpüseeler inizia a lavorare a due dei cicli più significativi della sua intera produzione artistica: Voci e Silenzi. Le prime, in vetroresina color nero, concave o convesse, riflettono lo spazio circostante, e sono costituite da sezioni circolari; una “seconda generazione”, come l’ha definita l’artista, è caratterizzata da un differente profilo plastico, che diventa fusiforme, ma mantiene e potenzia la riflettenza. I Silenzi costituistono, a livello concettuale, la situazione complementare al ciclo sopracitato: corrispondono ad assenza di voce, sono Voci divenute opache e non più in grado, dunque, di descrivere il reale e darne un’istantanea.

«[…] Lo specchio diviene per me pura voce, in grado di condurre il reale ad organizzare la ‘buona forma’; quindi parola (o voce) che nel proposito
alchemico (Ugola d’oro – ma anche Auscultore) agita essa stessa la forma che la potrebbe riguardare. Il segreto intento di ‘porsi all’ascolto’, che viene oggi auspicato da molti, latita nelle profondità di questo mio lavoro recente a cui do oggi il nome di Ugola d’oro. […] Il messaggio si riveste di ulteriori complessità che possono essere dette o anche soltanto lasciate all’intuizione con quella punta di mistero che come sempre diviene piacevole poter assaporare.»

(Karpüseeler, Ugola d’oro, testo di presentazione alla personale di Capri 1988)

Allestimento mostra T.I.R. (Perugia, 1986)

A quel periodo risalgono le prime due mostre a cura di Bruno Corà “T.I.R.” (Perugia, 1986) e “Avvistamenti. Quattro indirizzi della giovane ricerca artistica” (Capri, 1988). Nel 1989 partecipa alla collettiva “Fabbrica” alla ex-fabbrica Mida-Beretta di Brescia, curata dal gallerista Massimo Minini.

“Kapüseeler” (1991) è la prima personale, curata da Bruno Corà, alla Galleria Valeria Belvedere di Milano – con la quale la collaborazione durerà circa trent’anni. Vengono esposti gli Autoritratti su legno, dov’è la voce a determinare la composizione dell’oggetto, invertendo il funzionamento del linguaggio; per la progettazione grafica di questa serie l’artista collabora con l’Istituto di Acustica “O. M. Corbino” di Roma.

«[…] Negli Autoritratti ho utilizzato il legno naturale ma per la loro realizzazione mi sono riferito a tecnologie sofisticate. Dal momento che dichiaravo che la realtà, per me, è quella prodotta, pronunciata dalla voce – la voce-specchio, la voce metaforica – ho pronunciato il mio nome, Karpüseeler, e l’ho fatto rilevare da un oscilloscopio al CNR, Istituto di acustica, di Roma. Il tracciato registrato sotto forma di grafico ha costituito la matrice da cui ho tratto l’immagine, un’immagine tridimensionale, dunque un oggetto… l’autoritratto creato dalla mia voce che pronuncia il mio nome.»

(Karpüseeler, conversazione con G. Bertolino, 1997)

Karpüseeler, allestimento mostra Il formaggio e i vermi (Cortona, 1996)

Dagli anni ‘90 espone in importanti gallerie italiane ed estere, Galleria Valeria Belvedere (Milano) Galleria Artiscope (Bruxelles), Galleria Artiaco (Napoli), Galleria Extra (Taranto), Galleria LFAC (Torino), Galleria Minini (Brescia), Galleria Sala 1 (Roma), Studio Schomber (Roma), SpazioArte (Perugia), Rain Gallery (Pechino).

Nel 1997 partecipa – e vince – con l’opera Grande silenzio bianco alla II edizione del Premio Internazionale di Scultura “Umberto Mastroianni”, organizzato dalla Regione Piemonte; l’opera fu poi collocata nel 1999 all’ingresso della città di Cuneo. Nel 2001 ottiene lo stesso risultato con la scultura in pietra di Comiso Circostanze al Premio internazionale di Scultura “Horcynus Orca”, indetto dall’omonimo Parco Letterario di Messina; l’opera è collocata nel Giardino delle Sabbie e fa parte della collezione permanente della Fondazione. Entrambe le opere – di grandi dimensioni – sono il risultato di sperimentazioni che si confrontano con problematiche spaziali.

Dagli anni 2000 Karpüseeler ha esposto in numerose mostre, personali e collettive, di particolare rilievo; si citano la “XV Quadriennale di Roma” (Roma, 2008), “H. A. R. P. 2009. Holocaust Art/annual Remembering People” (Berlino, 2009), “Opere dalla Collezione permanente” (Cassino, 2014), “Tower of Babel” (New York – Roma – Tel Aviv – Perugia, 2016), “Viaggiatori sulla Flaminia” (Spoleto, 2016).

L’opera Voce (2014) è esposta nelle sale del CaMusAC di Cassino e fa parte della collezione permanente, molte sue opere sono state pubblicate sulle copertine di importanti pubblicazioni come ad esempio: L’autocommento nella poesia del novecento: Italia e Svizzera italiana dell’Istituto italiano dell’Università di Berna e della rivista Complessità del Centro Studi di Filosofia delle Complessità “Edgar Morin” dell’Università di Messina.

Del 2018 è “Vivavoce”, personale allestita negli spazi del Museo Archeologico di Terni. Aldo Iori, curatore della mostra, presenta così il lavoro dell’artista:

«Karpüseeler ha da sempre rivolto la sua attenzione alla definizione dell’opera come concreto confine tra differenti ambiti della speculazione del pensiero contemporaneo. Interessato fin dal suo esordio del 1978 alle logiche cibernetiche, le sue opere varcano il confine disciplinare della scultura per dare concretezza a elaborazioni nelle quali sia la forma tende all’assoluto sia l’opera intera instaura con l’osservatore un inedito rapporto spazio-temporale. La rassegna si apre con l’inedita opera VIVAVOCE (2018), che fornisce il titolo alla mostra, e che da subito pone l’osservatore nello spazio pluridimensionale dell’opera, quasi a chiedergli ascolto o proponendogli un luogo ideale della riflessione.

Karpüseeler alla mostra collettiva Stendale […] (Corciano, 2019)

La parola con la sua vocalità fornisce, come in Nazywam (2012), la base scientifica e ideativa per la definizione della forma lignea; altre volte si coniuga con linguaggi tecnici, come il barcode presente in opere come L.E.G.N.O. (1990) o U.O.V.O. (2004) o l’artista utilizza la suggestione di calembour linguistici come In/equi/vocare (1987-2003), opera emblematica in cui il cavallo degli scacchi diviene mostro terribile di un inconscio che forza il pensiero razionale, o ancora in Varano di Komòdo (1987). Altre opere come Verso infinito (1995), Piccola Voce (2016), Silenzio bianco (2006) e Coro (2007) posseggono invece una forte e assoluta presenza che, come in Canova, Brancusi o Spalletti, travalica l’aspetto formale e l’opera ritrova una propria forte dimensione intellettuale.»

Karpüseeler vive e lavora a Perugia.